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Cavallo rampante

35.00 

Cavallo rampante 20 x 14 cm € 35 lavorazione in fornace eseguito seguendo le antiche tecniche di lavorazione dei maestri vetrai colore bianco cristallo con rifiniture nei minimi particolari marroni completo di scatola e garanzia.

CAVALLO RAMPANTE 

Il cavallo rampante é fatto artigianalmente a mano con la tecnica del vetro in fornace ossia lo stato vetroso é ottenuto mediante il raffreddamento di una massa di particolari componenti che in precedenza viene portata allo stato liquido.

Tra le sostanze più comuni del cavallo rampante sono quelle in grado di esistere allo stato vetroso sono: la silice, l’anidride borica e l’anidride fosforica, che per questo sono dette appunto “vetrificanti”.

Una composizione finalizzata ad ottenere un vetro non potrà però essere formata solo da queste sostanze, anche se chiaramente la loro misura sarà preponderante.

Un vetro costituito ad esempio da sola silice sarebbe difficilmente realizzabile, poiché essendo necessario portare la materia prima alla temperatura di fusione, sarebbe necessario disporre di forni capaci di raggiungere tali elevatissime temperature, infatti, il punto di fusione della silice è di 1700° C, senza considerare che un vetro così fatto risulterebbe difficilmente modellabile.

Nella fabbricazione dei vetri comuni si aggiungono pertanto alla silice altre sostanze, in particolare composti di sodio e di potassio, che hanno il compito di abbassare la temperatura di fusione della silicie e di ottenere quindi una massa liquida a temperature più basse e quindi più facilmente raggiungibili, tali sostanze si chiamano per questo fondenti.

Aggiungendo al cavallo rampante però alla silice solo sodio e potassio si ottiene un vetro instabile, che risulta solubile in acqua, e quindi aggredirle dagli agenti atmosferici.

Da qui la necessità di aggiungere nella composizione del vetro comune anche altre sostanze dette appunto stabilizzanti che consentono di superare l’inconveniente precedentemente visto.

Infine vengono aggiunte altre sostanze dette affinanti che hanno la funzione di omogeneizzare la massa fusa rendendola più “pura”.
Quando un vetro diventa cristallo? La differenza sostanziale tra Vetro e Cristallo è data dalla presenza dell’ossido di piombo.

La presenza di quest’ossido neò cavallo rampante con base impartisce al vetro alcune caratteristiche che lo rendono particolarmente interessante.

Il PbO , infatti, fa sì che la densità del vetro e quindi l’indice di rifrazione aumenti notevolmente. In tal modo il vetro si avvicina alle proprietà ottiche del diamante: la luce che lo colpisce viene rifranta in modo più deciso che con il vetro normale, dando quindi quell’ effetto di grande brillantezza tipico del vetro al piombo.

L’effetto sarà tanto maggiore quanto più alto è il contenuto in Ossido di Piombo.
Solamente i vetri che ne contengono almeno il 24 % in peso hanno per legge il permesso di essere chiamati CRISTALLI oppure Vetro Cristallo.

Un’ aggiunta così elevata al cavallo cristallo con base è l’ Ossido di Piombo, o addirittura superiore conferirebbe una tonalità giallastra al vetro.

E’ solo la sapiente correzione nella composizione del vetro operata da chimici specializzati in concerto con Maestri Vetrai che rendono il vetro al piombo chiaro, trasparente, brillante, stabile, degno di essere chiamato CRISTALLO.

Nella seguente tabella sono riportate le materie prime del Cristallo. La caratteristica specifica del vetro è il modo con cui solidifica, passa infatti dallo stato liquido del fuso, attraverso aumento di viscosità, alla rigidità del solido che si ottiene ad una temperatura ci 500° C. circa.

In questo intervallo di tempo, detto “intervallo termico di lavorabilità”, il maestro potrà dare la forma all’oggetto ottenendo, poi, un prodotto finito che conserverà la rigidezza dei corpi solidi, ma che manterrà la trasparenza dei liquidi. Il vetro viene composto per il 70% circa da sabbia e silice che si trasforma in liquido ad una temperatura di 1700°C.
Per fondere il cavallo rampante con base ad una minor temperatura la silice, viene aggiunto un materiale detto “fondente”.

Tali composti incidono nella tecnologia del vetro non solo perché sono causa di un risparmio economico, ma perché sono protagonisti delle caratteristiche che il vetro muranese assume e per il quale è famoso nel mondo intero.

Il fondente principale è la soda, la quale ha anche la proprietà di allungare i tempi di solidificazione, mettendo il maestro nelle condizioni ottimali per ben operare sul vetro. Più alta è la percentuale di soda neò cavallo rampante con base tanto di più il vetro solidifica lentamente (vetro “lungo”), tuttavia la presenza di tale fondente non deve essere in eccesso, esistono infatti degli equilibri da rispettare.

Nel caso contrario il vetro, nel tempo, porterà in superficie il fondente opacizzando l’oggetto (in termine “muranese” si dice che il vetro “sputa” la soda).

Per limitare tale tendenza viene utilizzata una sostanza detta stabilizzante: il calcare o carbonato di calcio. Altri composti che si aggiungono alla composizione sono il nitrato e l’arsenico che hanno azione affinante, facilitano, cioè, la fuoriuscita delle bolle migliorando l’omogeneità del fuso. Se alle materie prime indicate si aggiungono delle sostanze coloranti od opacizzanti, si ottengono i famosi vetri colorati e opali.

Oggi la purezza della soda viene garantita dal processo Solvay, da nome del suo inventore, mentre anticamente si usavano fondenti di provenienza orientale.

Infatti le analisi effettuate sui vetri antichi indicano come fondenti delle ceneri di piante con elevate quantità di ossido di potassio e magnesio di provenienza siriaca chiamate “allume di catino” o “cenere di soria”. Può destare sospetto che la decisione di usare questo tipo di cenere, sancita con editto del Maggior Consiglio del 1306 che vieta l’uso della cenere a base potassica ottenuta dalle felci, sia di natura politica. Infatti tale editto assicurava alle galee patrizie veneziane il ritorno dall’oriente con le stive cariche.

Le ceneri delle piante venivano sottoposte ad un processo di depurazione per ottenere il “sale di cristallo” o “sale di vetro”, utilizzato, assieme alla silice pura e il manganese di Piemonte, il più pregiato dei decoloranti, da Angelo Barovier nel XV secolo per ottenere il più prestigioso vetro muranese: il cristallo.

Per quanto riguarda la silice dal 1300 sino al XVIII secolo si utilizzavano i ciottoli del Ticino detti cogoli del Tesin molto puri, o i cogoli de Verona che erano meno pregiati perché, come si legge da un manoscritto anonimo del XVIII secolo, fa il vetro zaleto (giallino). In seguito, e fino ai nostri giorni, si utilizzarono le sabbie silicee di cava.

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